Con il referendum abrogativo del 1987 è stato di fatto sancito l'abbandono, da parte dell'Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico.
In attuazione di detto referendum, infatti, nel 1988 il Governo italiano, in sede di approvazione del nuovo piano energetico nazionale, ha deliberato la moratoria nell'utilizzo del nucleare quale fonte energetica.
E’ di pochi giorni orsono la notizia che il capo del governo italiano ha firmato un accordo con il presidente della repubblica francese, per la costruzione di quattro centrali nucleari di terza generazione sul nostro territorio.
Ma si perde tempo a fare referendum se poi qualcuno in barba al volere degli italiani decide di rimescolare tutte le carte?
Certo l’Italia del 1987 è diversa dall’Italia attuale, ma allora se domani qualcuno si svegliasse con idee nostalgiche pretenderebbe di mettere in discussione anche il referendum a suffragio universale del 1946 dove gli italiani erano chiamati al voto per scegliere tra repubblica e monarchia.
Ma del nucleare abbiamo veramente bisogno?
Questa è la domanda da porci senza nessuna strumentalizzazione politica, interessante è una intervista a Angelo Baracca, fisico che insegna all’università di Firenze, autore del libro “l’Italia torna al nucleare.”, eccone qua uno stralcio:
In attuazione di detto referendum, infatti, nel 1988 il Governo italiano, in sede di approvazione del nuovo piano energetico nazionale, ha deliberato la moratoria nell'utilizzo del nucleare quale fonte energetica.
E’ di pochi giorni orsono la notizia che il capo del governo italiano ha firmato un accordo con il presidente della repubblica francese, per la costruzione di quattro centrali nucleari di terza generazione sul nostro territorio.
Ma si perde tempo a fare referendum se poi qualcuno in barba al volere degli italiani decide di rimescolare tutte le carte?
Certo l’Italia del 1987 è diversa dall’Italia attuale, ma allora se domani qualcuno si svegliasse con idee nostalgiche pretenderebbe di mettere in discussione anche il referendum a suffragio universale del 1946 dove gli italiani erano chiamati al voto per scegliere tra repubblica e monarchia.
Ma del nucleare abbiamo veramente bisogno?
Questa è la domanda da porci senza nessuna strumentalizzazione politica, interessante è una intervista a Angelo Baracca, fisico che insegna all’università di Firenze, autore del libro “l’Italia torna al nucleare.”, eccone qua uno stralcio:
Professor Baracca, perché ritiene l’accordo tra Italia e Francia per lo meno inutile?
«C’è una cosa che nessuno dice: con le centrali nucleari si produce solo energia elettrica.
Ma l’elettricità è solo un quinto dei nostri consumi energetici.
Oltre l’80% dell’energia che consumiamo per i trasporti o per l’agricoltura non è elettrica.
Le centrali nucleari, quindi, non risolverebbero il nostro problema: continueremo a importare petrolio.
La Francia, che produce il 78% della sua energia elettrica con il nucleare, importa più petrolio di noi».
Qualcuno dice che in Italia produciamo poca energia elettrica, è vero?
«Non è vero: abbiamo una potenza installata che supera del 30% la domanda di elettricità. Solo che il sistema è inefficiente e quindi la nostra elettricità è la più cara d’Europa.
Ma se anche fosse vero che abbiamo bisogno di altra energia elettrica, potremmo decidere di fare come la Spagna dove, in un anno, sono stati creati impianti eolici per 3500 megawatt: come 2 centrali e mezzo.
La costruzione di questi impianti costa meno e ha coinvolto l’industria spagnola con ricadute positive sull’economia.
Oppure potremmo fare come le Germania che punta sul solare, pur avendo meno sole di noi.
È questione di scelte».
Si prevede che la prima centrale parta nel 2020. È realistico?
«Sì, bisogna considerare una decina d’anni per avere l’opera finita, anche se c’è chi dice che una centrale si costruisce in 5 anni.
In Europa ci sono due centrali in costruzione come quelle che dovremmo importare in Italia: una è in Finlandia, l’altra in Francia.
Quella finlandese è iniziata 3-4 anni fa e ha già accumulato 2 anni di ritardo e un aumento di costi di 2 miliardi di euro.
Il problema è che una centrale nucleare ha esigenze tecnologiche altissime. Anche i materiali, come il cemento o l’acciaio, devono essere di qualità superiore.
Le industrie finlandesi non sono in grado di soddisfare questa esigenza.
Pensiamo a cosa potrebbe accadere in Italia dove la Italcementi ha dato cemento taroccato anche per le grandi opere».
Abbiamo le competenze per gestire questi impianti?
«Dopo il referendum sul nucleare dell’87, l’Italia ha smantellato tutto.
All’Enea ci sono una quarantina di dipendenti con le competenze giuste, ma un terzo sono occupate a smaltire le centrali chiuse e quasi tutti sono prossimi alla pensione.
Il resto è personale a contratto.
Possiamo gestire le centrali con i co.co.pro?»
Ma l’elettricità è solo un quinto dei nostri consumi energetici.
Oltre l’80% dell’energia che consumiamo per i trasporti o per l’agricoltura non è elettrica.
Le centrali nucleari, quindi, non risolverebbero il nostro problema: continueremo a importare petrolio.
La Francia, che produce il 78% della sua energia elettrica con il nucleare, importa più petrolio di noi».
Qualcuno dice che in Italia produciamo poca energia elettrica, è vero?
«Non è vero: abbiamo una potenza installata che supera del 30% la domanda di elettricità. Solo che il sistema è inefficiente e quindi la nostra elettricità è la più cara d’Europa.
Ma se anche fosse vero che abbiamo bisogno di altra energia elettrica, potremmo decidere di fare come la Spagna dove, in un anno, sono stati creati impianti eolici per 3500 megawatt: come 2 centrali e mezzo.
La costruzione di questi impianti costa meno e ha coinvolto l’industria spagnola con ricadute positive sull’economia.
Oppure potremmo fare come le Germania che punta sul solare, pur avendo meno sole di noi.
È questione di scelte».
Si prevede che la prima centrale parta nel 2020. È realistico?
«Sì, bisogna considerare una decina d’anni per avere l’opera finita, anche se c’è chi dice che una centrale si costruisce in 5 anni.
In Europa ci sono due centrali in costruzione come quelle che dovremmo importare in Italia: una è in Finlandia, l’altra in Francia.
Quella finlandese è iniziata 3-4 anni fa e ha già accumulato 2 anni di ritardo e un aumento di costi di 2 miliardi di euro.
Il problema è che una centrale nucleare ha esigenze tecnologiche altissime. Anche i materiali, come il cemento o l’acciaio, devono essere di qualità superiore.
Le industrie finlandesi non sono in grado di soddisfare questa esigenza.
Pensiamo a cosa potrebbe accadere in Italia dove la Italcementi ha dato cemento taroccato anche per le grandi opere».
Abbiamo le competenze per gestire questi impianti?
«Dopo il referendum sul nucleare dell’87, l’Italia ha smantellato tutto.
All’Enea ci sono una quarantina di dipendenti con le competenze giuste, ma un terzo sono occupate a smaltire le centrali chiuse e quasi tutti sono prossimi alla pensione.
Il resto è personale a contratto.
Possiamo gestire le centrali con i co.co.pro?»
Ognuno di noi può trarre le proprie conclusioni, ma certe domande sorgono spontanee: “Perché questo ritorno al passato?”, Perché ci martellano insistentemente con energie rinnovabili e non inquinanti se poi si punta sul nucleare che non è rinnovabile ed è altamente inquinante?”
Cerco di dare le mie risposte:
In un mercato globale consumato come un cancro da questa crisi senza precedenti, dove fino a poco tempo fa si riusciva a produrre denaro senza produrre un accidenti, dove è impossibile trovare un imprenditore che riscopra il gusto del rischio d’impresa, Sarkozy è riuscito nel miracolo.
L’accordo Italia-Francia sul nucleare è stato un colpo da maestro per far finanziare l’industria nucleare francese dalla mano pubblica italiana, ricordiamoci che le quattro centrali italiane costeranno circa 24 miliardi di euro pubblici.
Areva, multinazionale che opera nel campo dell’energia, ha cercato con poco successo di piazzare e farsi finanziare un loro prodotto, il reattore Epr, come prodotto europeo, incassando il no di molti stati UE tra cui la Polonia, ma l’accordo siglato con l’Italia da una mano di colore europeo al reattore Epr.
Il nucleare di terza generazione poi è una risposta tardiva all’incidente alla centrale nucleare di Three Miles Island in Pennsylvania di circa trent’anni fa.
Parliamo ora dei rischi alla salute, la contaminazione radioattiva di routine, e lo smaltimento delle scorie che rimangono attive per centinaia di migliaia di anni.
E’ documentato che le popolazioni che vivono vicino alle centrali e chi lavora dentro alle centrali, anche in assenza di incidenti hanno un aumento del proliferarsi di leucemie e tumori.
Le scorie poi sono uno dei problemi ancora irrisolti, non esiste posto sicuro al 100% dove stoccarle, ci sono progetti basati sull’Ads (accelerator Driven System) che hanno costi elevatissimi e quindi non applicabili.
Concludendo la mia paura è quella che il paese perda competitività verso lo sviluppo di energie rinnovabili, che vedono in prima linea paesi come la Germania, l’Inghilterra, la Cina, per non parlare di Obama e di quella promozione energetica, che è la transazione da un modello ad alta densità d’energia ad uno sviluppo di fonti diffuse sul territorio.
Un passo fondamentale verso una società sostenibile. Bub
il fisico dice delle cose che ignoravo semplicemente perchè nessuno me le ha mai dette prima... molto interessante...
RispondiEliminaio penso che a decidere di queste cose dovrebbero essere proprio gli scienziati e non i politici nè il popolo valutando tutte le varie cose.
così come a calcio la formazione la fa l'allenatore, il ds fa la campagna acquisti cessione, i tifosi fanno i tifosi.
io non sono un fisico però 3500 mw di potenza installata moltiplicati per 2000 ore utili all'anno che è la media degli impianti eolici fanno 7000 gw di energia prodotta, cioè meno di una centrale nucleare da 1 gw che può erogare per 8000 ore l'anno. Senza contare che i 7000 derivanti dall'eolico potrebbero essere generati anche in momenti in cui non servono ad esempio di notte. comunque ben venga l'eolico e il solare però bisogna dire che sia la Spagna che la Germania hanno il nucleare, così come la Svizzera, la Svezia, il Giappone, la Corea, il Brasile ecc. può darsi che si sbaglino tutti.
RispondiEliminariguardo alla salute bisognerebbe fare il confronto con gli impianti termoelettrici italiani...